Giovedì 12 dicembre 2013

Autonoma organizzazione del professionista, nuovi chiarimenti dalla Cassazione

a cura di: AteneoWeb S.r.l.
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Autonoma organizzazione del professionista, nuovi chiarimenti dalla Cassazione

La sola abitualità non configura il presupposto impositivo. La sentenza della Cassazione individua gli elementi necessari per la determinazione dell'autonoma organizzazione.

Responsabilità, eccedenza di beni strumentali e impiego non occasionale di lavoro altrui. Sono questi i tre elementi individuati dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 23719 del 21 ottobre scorso) per stabilire la presenza di autonoma organizzazione in relazione al lavoro svolto da un professionista.

L'autonoma organizzazione è uno dei presupposti impositivi sanciti dal legislatore ai fini Irap. L'art. 2 del D.L. n. 446/97 stabilisce infatti che "presupposto dell'imposta (Irap ndr) è l'esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi. L'attività esercitata dalle società e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato, costituisce in ogni caso presupposto di imposta".

Il concetto di autonoma organizzazione è stato ampiamente dibattuto negli anni passati. Molti professionisti, infatti, svolgono la propria attività privi (o quasi) di strumentazione dedicata - se non quella strettamente necessaria all'adempimento dei propri obblighi - senza avvalersi dell'apporto lavorativo di dipendenti o collaboratori.

Per fugare qualsiasi dubbio in materia, la Cassazione ha sottolineato ancora un volta, con la sentenza sopra citata, i seguenti elementi integrativi del presupposto Irap:

  • responsabilità dell'organizzazione: il contribuente deve essere a capo di un'organizzazione sotto la propria responsabilità ed interesse, non inserito come figura di secondo livello o priva di oneri finali;
  • utilizzo nella propria attività lavorativa di beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile;
  • coinvolgimento in modo non occasionale di lavoro altrui, come desumibile dai relativi campi d'interesse compilati in sede di dichiarazione dei redditi.

Nel caso di specie il professionista, nello svolgimento della propria attività lavorativa, utilizzava soltanto un computer e una stampante e non si avvaleva di personale dipendente, limitandosi a corrispondere compensi di modesta entità a terzi per rapporti occasionali di collaborazione.

Il massimo organo di giudizio ha poi sottolineato come la semplice nozione di abitualità non possa configurare in capo al professionista il presupposto impositivo. L'autonoma organizzazione infatti "deve essere intesa in senso oggettivo come apparato distinto dalla persona del professionista, costituito dall'aggregazione di beni strumentali e/o risorse umane".

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