Così, spesso, avvocati e commercialisti che partecipano ai miei corsi di formazione mi chiedono come sia possibile in questo contesto instaurare una relazione empatica con il proprio cliente. Sarà dunque impossibile in questa veste creare rapport? Certo che no. Anche sotto le spoglie del "curante" è possibile relazionarsi con il proprio cliente in modo efficace ed empatico.
Come prima cosa, infatti, ricordiamo che entrare in empatia non vuol dire dare ragione, oppure dire solo ciò che l'interlocutore vuole sentire. Creare rapport vuol dire sintonizzarsi in quel preciso momento sulla frequenza d'onda dello stato d'animo del nostro interlocutore. Vuol dire che siamo totalmente presenti e sensibili ai segnali che l'interlocutore ci invia con le parole e il linguaggio del corpo. Significa trasmettere all'altro: "so cosa stai provando; sono al tuo fianco". Non ci sono giudizi, bensì condivisione. L'altro da quel momento non si sentirà più "solo"; sentirà che da quel momento c'è qualcuno che lo capisce, che condivide la sua situazione emotiva, prima di tutto. Non vuol dire dunque avere chi ci da ragione, ma chi ci può capire; anche se non dovesse poi condividere le scelte, ha condiviso il nostro stato d'animo.
In secondo luogo, proviamo a pensare al professionista dell'area legale alla stregua di un medico. Chi soffre un problema di salute va dal medico, descrive i sintomi e il medico, fatta la diagnosi, cerca la cura più adatta. Quasi sempre la cura non è piacevole: comporta sacrifici, tempo e soldi. Esistono medici che si focalizzano sulla cura e medici che si focalizzano sui risultati. I primi sono abituati a convogliare l'attenzione sulla malattia e sulla cura (che poi è un'appendice della malattia); i secondi, invece, focalizzano l'attenzione del paziente sul risultato, sul beneficio che dalla cura deriverà. Va da sé la netta differenza tra questi due approcci, anche comunicativi.
Nel primo caso, l'assistito non potrà che essere demotivato e resistente ad ogni soluzione. La paura della malattia, il sacrificio della cura, la sfortuna per ciò che lo ha colpito ecc. non faranno altro che porsi come ostacolo emotivo.
Al contrario, nel secondo approccio, la sua attenzione verrà convogliata sui risultati, su come starà e cosa potrà fare dopo la cura. Il driver delle sue azioni sarà dunque la motivazione di andare verso un risultato, non la paura o l'ansia.
Bene, allo stesso modo, anche i professionisti dell'area legale si distinguono in chi si focalizza sul problema, e sulla sua "cura", e chi sui risultati e i vantaggi del post intervento.
Stessa realtà, due approcci diversi.
Infine, ciò che andrà trasmesso è il valore della vostra presenza professionale. Quando si tratterà di farsi pagare la parcella, sarà questo il "buon motivo" di cui avrà bisogno il cliente per "giustificare" a se stesso il pagamento: grazie al mio avvocato/commercialista ho ottenuto certi risultati che senza di lui non avrei ottenuto. Tutti gli altri fattori (tempo dedicato dal professionista, risorse impegnate ecc.) serviranno solo a giustificare l'entità del pagamento, ma nel percepito del cliente ciò che serve è qualcosa di più semplice: sapere che senza quel professionista non avrei ottenuto quei risultati.
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