Nel processo civile, i termini degli atti processuali, ossia i periodi di tempo entro i quali devono essere compiuti determinati atti del processo, sono disciplinati dagli articoli da 152 a 155 c.p.c..
Comprendere queste disposizioni è fondamentale per chiunque sia coinvolto in un procedimento civile, sia come parte, sia come professionista del diritto.
L'articolo 152 c.p.c. precisa innanzitutto che “I termini per il compimento degli atti del processo sono stabiliti dalla legge” (cosiddetti “termini legali”)
e
“possono essere stabiliti dal giudice anche a pena di decadenza, soltanto se la legge lo permette espressamente.”
Pertanto l’art. 152 c.p.c. distingue tra:
Chiarisce inoltre che i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori.
Il codice pertanto classifica i termini in perentori e ordinatori.
L’art. 153 c.p.c. chiarisce che “I termini perentori non possono essere abbreviati o prorogati, nemmeno sull’accordo delle parti.”
Questo articolo sancisce l'improrogabilità dei termini perentori, sottolineando che, una volta scaduti, non è più possibile compiere l'atto processuale previsto, salvo casi eccezionali previsti dalla legge.
L’applicazione di questo concetto al processo, può comportare conseguenze molto gravi per chi non rispetta i termini perentori, ad esempio:
Un esempio di termine perentorio è il termine per proporre appello contro una sentenza (art. 325 c.p.c.), che è di 30 giorni. Se la parte non rispetta questo termine, perde il diritto di impugnare la sentenza e questa diventa definitiva. Questo perché il termine per l'appello è considerato essenziale per garantire la certezza del diritto e la stabilità delle decisioni giudiziarie.
Solo la legge può spostare un termine perentorio, come è ad esempio successo durante l’emergenza COVID, ove è stata eccezionalmente stabilita la sospensione del “decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali”.
Il codice lascia inoltre discrezionalità al giudice, al fine di valutare – caso per caso - se il termine, per quanto perentorio, non è stato da una parte rispettato per causa ad essa non imputabile, come risulta dall’ultimo periodo dell’art. 153 cpc: “La parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile può chiedere al giudice di essere rimessa in termini. Il giudice provvede a norma dell’articolo 294, secondo e terzo comma.”
L’art. 154 c.p.c. dispone viceversa in tema di termine ordinatorio e chiarisce già nel titolo che il termine ordinatorio è prorogabile da parte del giudice. “Il giudice, prima della scadenza, può abbreviare, o prorogare anche d'ufficio, il termine che non sia stabilito a pena di decadenza. La proroga non può avere una durata superiore al termine originario. Non può essere consentita proroga ulteriore, se non per motivi particolarmente gravi e con provvedimento motivato.”
Per quanto l’art. 152 c.p.c. precisi che “i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori”, sono tanti i termini che il c.p.c. stesso indica come perentori.
Ad esempio:
Il termine per proporre impugnazione è di trenta giorni, se l'atto è notificato, e di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza in caso contrario. Tali termini sono perentori.
Indipendentemente dalla notificazione, il termine per proporre impugnazione non può superare sei mesi dalla pubblicazione della sentenza. Tale termine è perentorio.
L'ingiunto può proporre opposizione nel termine perentorio di quaranta giorni dalla notificazione del decreto.
In realtà, i termini legali sono generalmente perentori, cioè non possono essere prorogati, mentre i termini giudiziari possono essere sia ordinatori (prorogabili), sia perentori (non prorogabili), a seconda di quanto stabilito dal giudice.
I termini perentori sono essenziali per la certezza del diritto, soprattutto riguardo all'impugnazione degli atti e alla costituzione in giudizio.
I termini ordinatori hanno una funzione di regolazione del processo e la loro inosservanza non porta necessariamente alla decadenza, ma può avere conseguenze processuali.
Infine, l'articolo 155 disciplina il computo dei termini, stabilendo le regole per il calcolo dei giorni, dei mesi e degli anni. In particolare, prevede che:
Richiesta di informazioni ai legali
Facsimile di lettera di richiesta di informazioni ai legali.
START UP INNOVATIVE: certificazione dei requisiti per le agevolazioni agli investitori
Alle persone fisiche che hanno investito somme nel capitale di startup innovative è riconosciuta una detrazione IRPEF pari al 30% della somma investita per un valore massimo di investimento pari a 1.000.000 euro annui. In alternativa, per gli investimenti effettuati dal 19.5.2020 e fino al terzo anno di iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese, è riconosciuta una detrazione IRPEF del 50% della somma investita per un valore massimo di investimento pari a 100.000 euro.
Ravvedimento speciale da concordato 2025: informativa e liberatoria
Per i soggetti ISA che hanno aderito al Concordato Preventivo Biennale (CPB) per i periodi di imposta 2024 e 2025, è ora possibile adottare il regime di ravvedimento di cui all’ articolo 2-quater del Decreto Legge n.113 del 2024, convertito dalla Legge n. 143 del 7 ottobre 2024 e modificato dal Decreto Legge 155 del 19 ottobre 2024 (cosiddetto “ravvedimento speciale”).
AteneoWeb s.r.l.
AteneoWeb.com - AteneoWeb.info
Via Nastrucci, 23 - 29122 Piacenza - Italy
staff@ateneoweb.com
C.f. e p.iva 01316560331
Iscritta al Registro Imprese di Piacenza al n. 01316560331
Capitale sociale 20.000,00 € i.v.
Periodico telematico Reg. Tribunale di Piacenza n. 587 del 20/02/2003
Direttore responsabile: Riccardo Albanesi