In attesa di leggere le motivazioni della sentenza, quel che si evince dal dispositivo è un passo indietro della Corte d'Assise d'Appello di Torino in merito alla ricostruzione della fattispecie del reato:
vengono infatti accolte le difese dei procuratori degli imputati, i quali hanno ricondotto i fatti nell'alveo dell'omicidio colposo, in luogo di quello doloso.
Al fine di chiarire cosa si intenda, si inizi col precisare che i fatti materiali (la condotta) non sono in discussione, ma si deve analizzare quello che in dottrina è definito "elemento soggettivo" del reato, ovvero l'atteggiamento psicologico del soggetto agente che l'ordinamento giuridico ritiene debba sussistere al fine di considerare provata l'esistenza di un reato.
Detto elemento soggettivo è esemplificato dalle nozioni di dolo (coscienza e volontà di porre in essere il reato), colpa (negligenza, imprudenza, imperizia o mancato rispetto delle norme) ovvero preterintenzione (nel caso in cui l'evento lesivo vada oltre le intenzioni previste).
Ovviamente, i comportamenti umani non si adattano alla perfezione alle norme generali, di talché vi sono forme intermedie tra le diverse figure più sopra riportate, atte a definire atteggiamenti psicologici "border-line".
Proprio il caso Thyssen-Krupp riguarda una di queste distinzioni "al limite": quella tra dolo eventuale e colpa cosciente (o con previsione).
Per aversi dolo eventuale deve comunque escludersi che l'elemento sia direttamente voluto, perché nel caso si rientrerebbe in pieno nella struttura del dolo tout court.
Ciò che i giudicanti debbono considerare è la rappresentazione del rischio che un dato evento si realizzi in seguito ad una condotta, e l'accettazione di tale rischio da parte dell'agente stesso. In base alla teoria dell'accettazione del rischio, perché si possa parlare di dolo eventuale vi deve essere non solo la prefigurazione mentale della possibilità che l'evento si verifichi, ma è inoltre necessario che il soggetto agente prenda consapevolmente e seriamente in considerazione la possibilità che questo si realizzi e, nonostante ciò, decida di porre in essere la condotta anche a costo di provocare l'evento criminoso. Tale accettazione del rischio si avvicina, ma non corrisponde, alla vera e propria volizione del fatto: nella sostanza il soggetto agente, decidendo di agire a costo di provocare l'evento criminoso, finisce col consentire all'evento stesso.
Laddove, al contrario, il soggetto agente si rappresenti la possibilità dell'evento lesivo, ma il suo atteggiamento mentale sia tale da escludere la sua concreta non verificazione, si avrà reato caratterizzato dall'elemento soggettivo della colpa cosciente o con previsione.
Se tale distinzione è pacifica in dottrina, l'analisi che il giudice deve porre in essere è tra le più complesse, in quanto deve affrontare l'esame dei percorsi psicologici del soggetto agente, senza avere un tangibile riscontro in relazione agli stessi.
Riassumendo in breve gli aspetti metodologici della valutazione di questi casi si può dire che la Corte di Cassazione ha definito nelle sue sentenze come debba farsi obbligatoriamente ricorso a generali regole di esperienza, in relazione alle quali non vi sarà il dolo eventuale nel caso di assunzione di rischi lievi e ordinari, mentre in presenza di rischi gravi e tipici si potrà configurare il reato doloso.
Per valutare le ragioni della sentenza, non resta che attendere il deposito delle motivazioni.