Con la recentissima sentenza n. 26335 del 18 dicembre 2009 la Corte di Cassazione ha continuato l'opera di ridimensionamento del ruolo e dell'efficacia dei parametri e degli studi di settore che troppo spesso, purtroppo, da utili strumenti di supporto dell'attività accertativa diventano fondamento di avvisi di accertamento tanto illegittimi quanto ingiusti.
LA VICENDA
Il titolare di un'attività di parrucchiere da uomo ha impugnato un avviso di accertamento ai fini IVA e IRPEF per l'anno 1996 fondato sui parametri del settore previsti dal D.P.C.M. 29 gennaio 1996, in quanto non avrebbe tenuto nella giusta considerazione le particolari caratteristiche della sua attività: in particolare, la localizzazione (entroterra lucano) e l'obsolescenza delle attrezzature.
Il ricorso è stato respinto in primo grado ma accolto in secondo.
Contro la sentenza della Commissione Tributaria Regionale ha proposto ricorso per cassazione il Ministero dell'Economia e delle Finanze e l'Agenzia delle Entrate i quali hanno sostenuto che i parametri sono
presunzioni legali e che, cioè, il giudice, salvo prova contraria, è tenuto a conformarsi.
LA MOTIVAZIONE
La Corte di Cassazione, invece, ha dichiarato che né i parametri di settori né i più raffinati studi di settore possono essere considerati sufficienti da soli a invertire l'onere della prova e che, quindi, non basta il mero scostamento a giustificare l'emissione di un avviso di accertamento.
Parametri e studi, infatti, rappresentano unicamente delle mere presunzioni semplici per le quali il Legislatore non ha stabilito un'efficacia vincolante per il giudice. Essi, al contrario, sono soggetti al prudente apprezzamento del giudice il quale è assolutamente libero di ritenere non attendibili i dati derivanti dalla loro applicazione.
In altre parole, parametri e studi di settore, che svolgono una funzione innanzitutto di supporto all'attività di indagine degli organi tributari, affinché abbiano un ruolo determinante nel processo di determinazione del reddito di un soggetto devono essere supportati da altri elementi, primo tra tutti il contraddittorio con il contribuente.
Il contribuente, infatti, deve essere convocato, a pena di nullità dell'avviso di accertamento, e deve essere posto in condizione di motivare lo scostamento. Su tali motivazioni, poi, l'Ufficio deve prendere puntuale posizione spiegando le ragioni per cui vanno disattese.
La difesa del contribuente, inoltre, non si limita al diritto di contraddittorio stragiudiziale: egli, infatti,
"ha, nel giudizio relativo all'impugnazione dell'atto di accertamento, la più ampia facoltà di prova, anche a mezzo di presunzioni semplici, ed il giudice può liberamente valutare tanto l'applicabilità degli standard al caso concreto, che deve essere dimostrata dall'ente impositore, quanto la controprova sul punto offerta dal contribuente".
CONCLUSIONI
La richiamata sentenza, i cui principi sono stati ribaditi da ben altre tre pronunce emesse lo stesso giorno (nn. 26336, 26337, 26338), rappresenta l'ennesima, importante affermazione del principio costituzionale di effettività del reddito soggetto a tassazione. Questo, infatti, non può essere unicamente il risultato di un'applicazione asettica e astratta di strumenti statistici ma deve essere quello realmente conseguito dal contribuente.
Diego Conte