È quanto stabilisce la recente sentenza del Tribunale di Piacenza n. 928 del 23 dicembre 2014, Dott.ssa Schiaffino, che interviene sul discusso tema della revocatoria in materia di rimesse bancarie.
I limiti all'azione revocatoria
La revocatoria bancaria avente ad oggetto le rimesse sul conto corrente operate dal fallito è regolamentata dagli articoli 67 e 70 della legge fallimentare, ed è soggetta a precisi limiti, e in particolare:
L'onere della prova di tali circostanze è a carico del curatore (art. 67, legge fallimentare, II co.), mentre la banca convenuta in giudizio non ha alcun onere, e, neppure, in base all'art. 119 del D.Lgs. n. 385/1993, quello di produrre la documentazione bancaria allo scopo di dimostrare quale fosse la situazione del conto al momento delle rimesse (fermo restando, ovviamente, l'obbligo di provvedere alla relativa esibizione ove questa sia ordinata dal giudice) (Cass. Civ., Sez. I, 12 febbraio 2014, n. 3181).
La riduzione in maniera consistente e durevole del debito
Come abbiamo detto, dal punto di vista oggettivo, per poter essere revocabili le rimesse devono aver ridotto in maniera consistente e durevole l'esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca.
In altre parole, ciò significa che tali rientri devono essere unicamente funzionali a soddisfare il credito della banca e non, invece, fisiologici alla vita di un conto attivo per la vita della società.
Come ben chiarisce la sentenza, dunque, il giudizio sulla consistenza e meritevolezza è, dunque, relativo, e non deve essere effettuato secondo criteri percentuali fissi (vd. Trib. Milano, 27.3.2008).
Qualora tale giudizio sia positivo, occorrerà fare riferimento al limite differenziale di cui all'art 70, legge fallimentare, (che dovrà essere tempestivamente eccepito dalla banca), limite che, non costituisce, quindi, un criterio sostitutivo dell'indagine e valutazione imprescindibile di cui si è detto.
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