Questa regola o legge è dunque un modo per fare il punto sulle nostre abitudini, razionalizzare i comportamenti ed operare scelte in ottica di efficienza, personale e professionale. Ci accorgeremo così quante sono le attività quotidiane che "non servono a nulla". Quante sono le ripetizioni, le abitudini, i comportamenti altamente dispersivi e improduttivi.
La legge 80/20 fu attribuita a Vilfredo Pareto, economista italiano vissuto a cavallo tra l'800 e il 900. In realtà Pareto non usò mai questa espressione e i suoi studi servirono a dimostrare che esisteva una costante in base alla quale, in diversi ambiti, il 20% delle cause produce l'80% delle conseguenze. Questo "indicatore di squilibrio" così come lo si ritrova nell'economia (è il 20% della popolazione a detenere l'80% della ricchezza) e nella società (è il 20% dei guidatori a provocare l'80% degli incidenti), lo si rinviene anche nel business e la professione non fa certo eccezione. Ciò vorrà dire che in uno studio professionale sarà il 20% dei collaboratori a portare l'80% dei risultati; saranno il 20% delle attività ad essere costantemente e quotidianamente ripetute; sarà il 20% dei clienti a generare l'80% del fatturato di studio, e così via. Le cifre devono essere viste non con il rigore matematico, ma con la logica della ratio che le sottende: scoprire cosa è davvero importante e cosa non lo è nelle attività di studio, nell'organizzazione dello studio e dei collaboratori. Questo per evitare di perdere opportunità che la mancanza di tempo ed energie profuse nelle attività sbagliate causerebbe.
Diversi studiosi dopo Pareto studiarono e approfondirono questa teoria che manteneva nel "prevedibile squilibrio" la sua caratteristica peculiare. Nel 1949 George Zipf, professore ad Harvard, approfondì la teoria sull'organizzazione delle risorse e dopo di lui fu Joseph Moses Juran ad applicare alla qualità dei prodotti la teoria in Giappone. Uno dei più completi volumi oggi in circolazione in italiano è "Il principio 80/20" di Richard Koch (edito da Franco Angeli), dove tale principio viene studiato nelle sue variabili e applicazioni in modo approfondito.
Koch sottolinea come il progresso significhi spostare risorse da aree di bassa produttività ad altre di maggior redditività. Provate a pensare, per esempio, all'effetto che ha avuto anche sugli studi professionali la crisi di questi ultimi due anni. Gli studi, esattamente come le imprese, hanno dovuto metter mano prima di ogni cosa agli sprechi, cercando così di ottimizzare risorse, personale e attività. La sede poco redditizia è stata tagliata; i collaboratori poco performanti salutati; le spese di riviste e libri non indispensabili all'attività eliminate; l'abbinamento al quotidiano non essenziale per aggiornarsi cancellato. Insomma, i margini di intervento, ottimizzazione e miglioramento erano stati fino a quel momento ignorati oppure sottostimati. Ora si scopre che fanno parte di quell'80% di spese inutili e poco produttive.
Per concludere, è utile sottolineare come pensare in termini 80/20 non sia facile, perché l'abitudine è di ragionare in termini di "equilibrio", cioè di 50 e 50. La tendenza è di distribuire le cose in modo equilibrato, per esempio nel carico di lavoro ai collaboratori, piuttosto che nel tempo dedicato alle attività. Per pensare in modo "squilibrato" - fa giustamente notare Koch - va introdotta una variante importante nel nostro modo di pensare.
Se ci focalizziamo sul modo di pensare e agire tipico del professionista (avvocato, commercialista ecc.) in relazione alle proprie attività, notiamo come sia portato a riconoscere tutto come importante nel proprio lavoro. E invece il segreto per cominciare ad operare cambiamenti sta proprio nella capacità di ragionare distinguendo le attività di qualità da quelle che non lo sono; nel "coraggio" di dire no a molte attività abitudinarie ma dispersive e poco produttive; nella capacità di rinnovarsi e immaginare che realmente, in concreto, da poche azioni nuove e strategiche possano derivare molti e importanti nuovi risultati.
Insomma, non è sempre e solo il duro lavoro a portare i risultati, ma anche una nuova chimica mentale.
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