Con una recente sentenza* (n. 22776/2016) la Corte di Cassazione ritorna sulla spinosa questione su chi, fra Asl e Comuni/utenti, debba pagare i costi dei ricoveri per i soggetti non autosufficienti, ripercorrendo le tappe normative che hanno portato all'odierna suddivisione in quota sanitaria e quota sociale delle rette Rsa.
Il caso è quello relativo ad una signora disabile psichica cronica, che ha chiesto il riconoscimento della natura prettamente sanitaria delle prestazioni ricevute durante il lungo ricovero in casa di cura, ossia il "rilievo sanitario" delle cure ricevute (nel caso somministrazione continua di farmaci). Per l'effetto, aveva richiesto alla Asl il pagamento di circa 20.000 euro, corrisposte in proprio per l'inserimento in struttura.
In primo ed in secondo grado, non solo i Giudici avevano negato la prevalenza della componente sanitaria sulla componente socio-assistenziale respingendo le richieste della signora, ma l'avevano condannata, in via di rivalsa, al pagamento di circa 50.000 euro a titolo di "quota sociale" non pagata.
La Corte di Cassazione, invece, cassando con rinvio la sentenza della Corte d'Appello, ha chiarito e ribadito che:
A parere della Corte, dunque, i costi per le prestazioni connesse ai "trattamenti farmacologici somministrati con continuità a soggetti con grave psicopatologia cronica ospitati presso strutture che siano dotate di strumentazione e personale specializzato idonei ad effettuare terapie riabilitative", nonché a contenere la possibile degenerazione della malattia, sono a carico delle sole Asl. Non si potrà, pertanto, parlare di quota sociale e quota sanitaria, ma di copertura esclusivamente sanitaria. A tal fine, a nulla rileva la tipologia od il nome delle case di riposo/ricovero, rilevando esclusivamente la natura e finalità delle prestazioni ivi rese.
* si ringrazia l'Avv. Franco Trebeschi per la segnalazione
di Claudia Moretti
DEFINIZIONE AGEVOLATA CONTROVERSIE TRIBUTARIE 2023 (Excel): versione aggiornata al DL 34/2023
La Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022), art. 1 cc 186-205, come modificato dal DL 34/2023, prevede la definizione agevolata delle controversie tributarie.
In particolare, a domanda del soggetto che ha proposto l'atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, potranno essere definite le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in cassazione e anche a seguito di rinvio, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia ove il valore della controversia è stabilito ai sensi del comma 2 dell'articolo 12 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546.
In base al suddetto comma 2 per valore della lite si intende l'importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l'atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste.
DEFINIZIONE AGEVOLATA CONTROVERSIE TRIBUTARIE 2023 (Cloud): versione aggiornata al DL 34/2023
La Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022), art. 1 cc 186-205, come modificato dal DL 34/2023, prevede la definizione agevolata delle controversie tributarie.
In particolare, a domanda del soggetto che ha proposto l'atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, potranno essere definite le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in cassazione e anche a seguito di rinvio, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia ove il valore della controversia è stabilito ai sensi del comma 2 dell'articolo 12 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546.
In base al suddetto comma 2 per valore della lite si intende l'importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l'atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste.
Rottamate le somme iscritte a titolo di sanzioni e di interessi su ruoli erariali con notifica ultraquinquennale. L’indirizzo dominante della Corte di Cassazione ritiene che il termine di prescrizione della cartella esattoriale avente per oggetto sanzioni ed interessi su carichi erariali sia, in assenza di atti interruttivi, quello quinquennale dalla data di scadenza della cartella di pagamento divenuta definitiva per mancata impugnazione non rivestendo, l’iscrizione a ruolo, natura giuridica di sentenza passata in giudicato.
Si propone, a beneficio dei Lettori, una traccia per eccepire in via giurisdizionale innanzi gli organi della giustizia tributaria, la nullità dell’avviso di intimazione pervenuto oltre il quinquennio dalla notifica della cartella di pagamento (non impugnata) concernente sanzioni ed interessi addebitati su crediti erariali (IRPEF, IRES, IVA, Ritenute alla fonte, eccetera).
Il motivo del gravame deduce la decadenza dell’azione di riscossione stante l’inerzia dell’Agente che, nel termine quinquennale dalla data di scadenza dell’atto esecutivo (60 gg. dalla notifica), non ha proceduto ad interrompere i termini di prescrizione ovvero provveduto ad attivare le procedure di esecuzione forzata (pignoramento).
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