La fattispecie in questione è nota come autoconsumo interno e viene considerata, ai fini Iva, una operazione assimilabile in toto a una cessione di beni per il fatto che, essendo il bene relativo all'attività aziendale, il soggetto passivo (che lo utilizza per fini privati) si è portato in detrazione la relativa imposta assolta all'atto dell'acquisto del bene in parola.
La sentenza resa dalla Corte di Giustizia il 14 settembre, nell'ambito del procedimento C-72/05, definisce l'ambito applicativo dell'imposta sul valore aggiunto con riferimento all'utilizzo, da parte del soggetto passivo e per fini suoi personali, di un bene ascritto al patrimonio aziendale.
L'autoconsumo interno
La fattispecie in questione è nota come "autoconsumo interno" e viene considerata, ai fini Iva, una operazione assimilabile in toto a una cessione di beni proprio in considerazione del fatto che, essendo il bene relativo all'attività aziendale, il soggetto passivo (che lo utilizza per fini privati) si è portato in detrazione la relativa imposta assolta all'atto dell'acquisto del bene. Di conseguenza, qualora la destinazione del bene predetto a fini personali non venisse assoggettata a imposta, il bene giungerebbe totalmente detassato al consumo finale. Questo fatto si porrebbe in netto contrasto con il meccanismo di funzionamento dell'Iva che si basa sul principio di neutralità. Tale imposta, difatti, rappresenta un'imposta sul consumo applicabile in modo generale sia ai beni che ai servizi.
Il meccanismo di funzionamento dell'Iva
Il sistema dell'Iva costruito dal legislatore comunitario consiste nell'applicare ai beni e ai servizi un'imposta esattamente proporzionale al loro prezzo, esigibile a ogni transazione avvenuta nell'ambito del processo di produzione o di distribuzione, che deve gravare, però, soltanto sul consumatore finale. Per consentire ai soggetti passivi che provvedono alla riscossione dell'imposta, di non sopportarne l'onere, la sesta direttiva ha previsto un meccanismo di detrazione finalizzato ad assicurare a questi ultimi la neutralità dell'Iva. Da quanto detto, si intuisce facilmente che l'Iva è un'imposta destinata a gravare esclusivamente, salvo tassative eccezioni, sul consumatore finale. Per tale motivo l'articolo 6 della citata direttiva, allargando la definizione delle operazioni soggette a Iva di cui al precedente articolo 2, assoggetta a tale imposta anche "l'uso di un bene destinato all'impresa per l'uso privato del soggetto passivo o per l'uso suo personale o, più generalmente, a fini estranei alla sua impresa qualora detto bene abbia consentito una deduzione totale o parziale dell'Iva".
I termini della controversia
Il problema trattato nella presente controversia è la individuazione dei criteri cui rapportarsi per la determinazione della base imponibile con riferimento all'utilizzo, per fini privati, di un cespite immobiliare appartenente all'impresa. In particolare, un'impresa di "comunione abitativa" di diritto tedesco ha realizzato un immobile destinandolo totalmente all'impresa. Tale immobile è stato in parte locato ad uno studio di consulenza fiscale ed in parte utilizzato, per fini personali, dai membri della comunione abitativa. Entrambi i rapporti locativi sono stati assoggettati a imposta avendo la comunione abitativa rinunziato all'esenzione su tali prestazioni di servizi. Nelle liquidazioni mensili Iva per i periodi di riferimento, la comunione abitativa ha dedotto la totalità dell'Iva relativa alle spese di costruzione dell'immobile; la parte ha poi provveduto a determinare l'imposta da versare con riferimento all'utilizzo dell'immobile per fini privati. Il contribuente ha determinato la base imponibile facendo riferimento al periodo di ammortamento dell'immobile ( fissato dalla legge tedesca in cinquanta anni).
Le eccezioni mosse dal Fisco germanico
Successivamente, l'Amministrazione fiscale tedesca ha contestato il predetto criterio ritenendo, invece, che la base imponibile in questione andasse calcolata con riferimento alla durata del periodo di rettifica delle detrazioni Iva, conformemente a quanto disposto dall'articolo 20 della sesta direttiva. Il giudice germanico, investito della questione, ha preferito adire la Corte di Giustizia affinchè la stessa stabilisse le modalità di determinazione della base imponibile con riferimento all'utilizzo, in via privata e personale, dell'immobile ascritto interamente al patrimonio aziendale. Il giudice nazionale ha, altresì, chiesto alla Corte come debba essere interpretato l'articolo 11 della sesta direttiva nella parte in cui stabilisce che, nei casi di beni e/o servizi destinati a fini estranei all'impresa, per determinare la base imponibile occorre far riferimento alle "spese sostenute dal soggetto passivo per la prestazione dei servizi".
Le osservazioni della Corte di Giustizia
La Corte, recependo le osservazioni dell'Avvocato Generale, ha avallato la tesi propugnata dall'Amministrazione fiscale tedesca osservando che, per scongiurare il rischio che il bene (nell'ipotesi di autoconsumo) possa giungere all'imprenditore/consumatore finale detassato, è necessario che la base imponibile dell'Iva per il cespite aziendale destinato a fini privati sia calcolata in funzione della durata del periodo di rettifica delle detrazioni in materia di Iva. Tale soluzione, prosegue la Corte, consente di evitare qualsiasi disparità di trattamento tra il soggetto passivo e il consumatore finale. Infatti calcolando la base imponibile in questo modo si evita che il soggetto passivo, che ha potuto fruire della detrazione dell'Iva sull'acquisto del bene destinato alla propria impresa, sfugga al pagamento dell'imposta quando procede al "prelievo" del bene per fini diversi di quelli aziendali, fruendo in tal modo di vantaggi indebiti rispetto al consumatore ordinario che, invece, acquista il bene versando l'imposta.
La compatibilità del criterio
I giudici comunitari hanno, inoltre, rilevato che il criterio sopra esposto è assolutamente compatibile con l'articolo 20 della sesta direttiva che riconosce agli Stati membri un ampio potere discrezionale nel fissare la durata del periodo di rettifica delle detrazioni operate per i cespiti immobiliari, atteso che essi possono prevedere una durata variabile da 5 a 20 anni. Una volta stabilito che la rettifica della detrazione operata segue il periodo fissato dal predetto articolo 20 della sesta direttiva, la Corte ha poi precisato che nel concetto di "spese sostenute" di cui all'articolo 6 ( che, si ricorda nuovamente, fornisce la definizione di base imponibile nei casi di autoconsumo) rientrano anche i costi di acquisto del terreno su cui insiste l'immobile, in quanto si tratta di costi necessari e indispensabili per ottenere la prestazione di cui il soggetto passivo ha fruito (sia pure in veste di privato consumatore). Ovviamente a condizione che i costi predetti siano stati assoggettati a Iva e il soggetto passivo ne abbia ottenuto la detrazione.
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