E' quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione III Civile, con la sentenza del 18 maggio 2017, n. 12467, mediante la quale ha rigettato il ricorso e confermato quanto già deciso, nel caso de quo, dalla Corte d'appello di Milano.
La vicenda
La pronuncia traeva origine dal fatto che il notaio TIZIO nel 2006 venne coinvolto, quale trasportato sull'auto di CAIO, in un incidente stradale con vettura priva di copertura assicurativa, riportando lesioni alla persona (lo scoppio di una vertebra) con esito permanente.
Conveniva in giudizio il vettore CAIO e la compagnia di assicurazioni di questi, nonché il conducente dell'altra vettura che, perdendo una ruota che andava ad urtare la BMW condotta da CAIO, ne provocava l'uscita di strada, e le Generali Ass.ni quale impresa designata dal Fondo di Garanzia Vittime della Strada, non essendo la seconda vettura risultata assicurata.
La domanda risarcitoria di TIZIO in primo grado era accolta solo in parte.
Il Tribunale rigettava la domanda volta al risarcimento del danno da lucro cessante connesso alla invalidità temporanea e alla invalidità permanente.
La Corte d'Appello di Milano, con la sentenza qui impugnata, le riconobbe una ulteriore somma a titolo di risarcimento del lucro cessante per il periodo di invalidità temporanea, confermando il rigetto della domanda in relazione al lucro cessante da invalidità permanente sulla considerazione che si fosse provveduto a personalizzare il danno biologico nella misura massima, tenendo conto della considerazione del c.t.u. relativa al una diminuzione della capacità lavorativa specifica del 20%, rapportata al maggior affaticamento e alla usura lavorativa del notaio.
La Corte d'appello, in particolare, negava il risarcimento del danno da riduzione della capacità lavorativa specifica escludendo che fosse stata fornita la prova, anche presuntiva, di un pregiudizio economico collegato alle conseguenze permanenti dell'incidente.
TIZIO propone, quindi, ricorso per cassazione sulla base di tre notivi.
I motivi di ricorso
Il ricorrente, con i tre motivi di ricorso, e con la breve premessa che vi ha anteposto, sottolinea come le sia stato negato dai giudici di merito il diritto ad un integrale ristoro del pregiudizio subito, in quanto gli stessi avrebbero sottovalutato, nonostante gli elementi di prova forniti, le conseguenze anche in termini di pregiudizio patrimoniale della lesione dell'integrità fisica riportata, che si traduce, come postumi permanenti ( avendo il notaio riportato la lesione di una vertebra) principalmente in una maggiore faticosità del lavoro, nelle difficoltà di conservare per lungo tempo sia la stazione seduta, che la stazione eretta, nella difficoltà di effettuare spostamenti, ed in una necessità di interruzioni consistenti e del rispetto di tempi più lunghi di recupero fisico rispetto a quelli ordinari di una persona che si trovi nelle stesse condizioni di età e di salute complessiva senza la predetta alterazione fisica.
Il tema evocato è quello dell'apprezzamento del danno permanente riportato da chi eserciti una professione intellettuale, sotto il profilo della riduzione della propria capacità di produrre guadagno, e quindi del verificarsi di un lucro cessante futuro.
Il ricorrente ricostruisce i principi elaborati dalla giurisprudenza in materia nel modo seguente:
La domanda, che il ricorrente assume che erroneamente non sia stata accolta, concerne invece il danno patrimoniale derivante dalla contrazione della sua capacità lavorativa specifica, e quindi la perdita di guadagno e di incremento delle proprie occasioni lavorative derivante dal fatto che non è più fisicamente in grado di svolgere l'attività professionale come prima, dovendo necessariamente fare della pause più lunghe per recuperare le forze, non potendosi sottoporre a lunghi spostamenti o stare molte ore di seguito in una stessa posizione.
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