Il fallimento di alcune decine di primarie banche collegato al crollo degli indici di capitalizzazione delle borse europee, americane ed asiatiche unito all'aumento dei valori dei prezzi al dettaglio dei carburanti, delle energie , delle materie prime e dei prodotti agricoli porteranno nel medio-lungo termine ad una recessione globalizzata dell'economia mondiale.
La gestione allegra e non controllata dei capitali azionari posseduti dalle banche U.S.A. e collegate mondiali porterà alla naturale selezione degli Istituti Bancari più forti ed attenti, ma quanto dovrà pagare la comunità globalizzata?
Possibile che l'ottobre nerissimo U.S.A. del 1929 che innescò un processo di recessione irreversibile non abbia insegnato niente agli operatori finanziari dei mercati internazionali?
La società dei grandi consumi di massa ha portato sicuramente un soddisfacente benessere a tutti gli operatori del sistema macro-economico globalizzato ma ha causato anche ingenti danni all'ambiente mondiale.
Ancora oggi paghiamo un alto tributo in termini ecologici a causa di incidenti occorsi a petroliere che hanno versato in mare il loro contenuto contribuendo ad inquinare di conseguenza le coste soprattutto europee.
Il disequilibrio ecologico causato dallo sfruttamento non coordinato del suolo e dei suoi prodotti ha arrecato danni all'ambiente non facilmente saturabili con politiche mirate nel breve termine.
L'effetto catastrofico causato dall'innesco di nuovi eventi bellici in Afganistan, Iraq etc.. ha portato a notevoli sprechi di risorse e a un dirottamento forzato della produzione a favore del settore bellico, con effetti dannosi verso i Paesi più poveri e in via di sviluppo in quanto questi ultimi hanno ricevuto minori quantità di aiuti economici dai Paesi ricchi e belligeranti.
Da questo postulato sorge quindi una particolare considerazione e cioè la possibilità offerta all'umanità verso l'inizio di un nuovo pensiero economico che comporti nel prossimo futuro una propensione ai consumi di tipo qualitativo e non quantitativo.
Questa nuova corrente dovrà contrastare e superare gli effetti della teoria chiamata " funzione psicologica del consumo " di J.S. Duensenberry, il quale sosteneva alcuni anni fa che il comportamento del consumatore è influenzato dall' "effetto dimostrazione " , cioè egli tende a consumare sempre più in modo quantitativo i beni offerti poiché soddisfano i propri bisogni crescenti .
Altro elemento è l'" effetto emulazione" cioè il consumatore viene spinto psicologicamente ad acquistare i beni già in possesso di coloro che appartengono a categorie sociali superiori .
In pratica è palese il desiderio di ottenere beni di qualità superiore a livello di massa, poiché l'attuale società attribuisce grande importanza alla capacità di possedere un alto livello di vita e valuta gli individui secondo la quantità dei beni da questi posseduti.
Ben nota agli economisti è la formula della felicità citata da Paul A. Samuelson nel suo libro Economia:
FELICITA' = CONSUMO MATERIALE / DESIDERIO.
A seguito di quanto sopra espresso, dovremo riuscire ad equilibrare in modo più qualitativo attenuando il denominatore mediante l'introduzione di variabili mirate a soddisfare bisogni non solo materiali, ma ad esempio anche attraverso un maggior consenso, delle persone con le quali siamo giornalmente a contatto, alla soddisfazione e considerazione del proprio lavoro oppure della propria professione.
E' necessario quindi adoperarsi socio-economicamente affinché si possa modificare il meccanismo di mass-production globalizzata , in modo che siano mantenuti gli effetti moltiplicatori sul reddito e che siano ridotti gli effetti devastanti sull'ambiente naturale unitamente alla neutralizzazione oppure al contenimento delle grandi crisi aziendali avvenute per effetto della variazione della domanda dei beni.
John Kenneth Galbraith ammoniva la generazione attuale in modo prospettico già negli anni sessanta nel suo libro " Il nuovo stato industriale " 1968 Einaudi Torino, ipotizzando infatti le conseguenze che avrebbe avuto lo sviluppo del sistema industriale collegato alla società dei consumi.
Allora consigliava il consumo qualitativo delle risorse anziché quantitativo dei beni offerti dal sistema come modalità risolutrice, altrimenti avremmo assistito impotenti al verificarsi delle catastrofi ambientali.
Tuttavia negli ultimi trenta anni del XX° secolo l'effetto moltiplicatore macroeconomico, ossia il risultato ottenuto dall'aumento dei consumi sul livello di reddito, ha certamente prevalso sull'oculata scelta individuale dei beni acquistati.
Pertanto lo sviluppo demografico e le produzioni economiche dei beni di consumo hanno determinato un progressivo degrado, inquinamento e impoverimento del patrimonio naturale mondiale nell'ultimo secolo.
All'inizio degli anni ottanta iniziava a formarsi una cultura che prospettava le possibili soluzioni attraverso la ricerca di nuovi equilibri tra la produzione industriale e la salvaguardia del patrimonio naturale ossia la ricerca di uno sviluppo economico sostenibile in modo da conservare nel tempo gli ecosistemi e le loro funzioni.
Questa nuova cultura era alla ricerca di livelli di sviluppo sostenibile e di comportamenti economici e aziendali che non producessero danni all'ambiente e che non trascurassero i problemi socio-economici delle imprese.
Allora assunse rilevanza la cosiddetta responsabilità sociale dell'impresa cioè il complesso delle relazioni tra impresa , soggetti esterni e il comportamento dell'azienda nei confronti degli stakeholders che gravitano attorno ad essa e che hanno trovato attenta considerazione nella certificazione etica prevista dagli standards contenuti nelle SA 8000 e successivi che attestano il comportamento socialmente responsabile dell'impresa.
A conclusione riteniamo che l'economia non debba essere intesa solo come una scienza che massimizza il valore di scambio e che opera solo per convenienza, ma come una componente di ricerca per la salvaguardia del sistema umano.
Roberto Simonazzi.
Chiara Simonazzi.
07.10.2008.
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