Venerdì 9 maggio 2014

Riflessioni sulla messa alla prova su richiesta dell'imputato (art. 168 bis c.p.)

a cura di: ADUC - Associazione per i diritti degli utenti e consumatori
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Riflessioni sulla messa alla prova su richiesta dell'imputato (art. 168 bis c.p.)
1. PREMESSA
Sotto le specie (e la rubrica) di una apparente esclusiva delega legislativa al Governo, la Legge n. 67 del 28 aprile 2014, in GU n. 100 del 2 maggio 2014, interviene, invece, (e soprattutto), introducendo nella sua seconda parte l'istituto di diritto sostanziale della messa alla prova, con la previsione e l'inserimento nel codice penale degli artt. 168 bis, 168 ter e 168 quater, nonchè corredando la genesi normativa con disposizioni processuali che sono ricomprese dal nuovo Titolo V bis (del codice di rito) e che sono previste agli artt. 464 bis, 464 ter, 464 quater, 464 quinquies, 464 sexies, 464 septies, 464 octies e 464 novies.
L'istituto in esame può essere fatto rientrare, a pieno titolo, nella cause di estinzione del reato (come si ricava inequivocabilmente dal tenore del comma 2 dell'art. 168 ter, laddove la norma si riferisce agli effetti dell'esito positivo della prova).
Tale caratteristica, però, non esclude l'applicazione di eventuali sanzioni amministrative accessorie.

2. CONDIZIONI DI ACCESSO ALLA MESSA ALLA PROVA E DIFFERENZA DA ALTRE FORMULE ANALOGAMENTE GIA' ADOTTATE
.
Risultano, poi, di tutta evidenza due ulteriori connotati che caratterizzano la messa alla prova.
Da un lato, emerge lo spirito ed il fine di forte deflazione procedimentale che ispira la introduzione nel codice di diritto sostanziale di questa forma di definizione alternativa del processo.
Dall'altro si evidenzia la limitata offensività delle situazioni processuali in cui l'istituto può trovare concreta applicazione.

Quest'ultima costituisce uno degli aspetti che differenzia sensibilmente la messa alla prova, ad esempio, dall'istituto previsto dall'art. 28 del dpr 22 settembre 1988 n. 448 in materia di processo minorile.
La messa alla prova minorile, infatti, non soffre alcun tipo di limite (connesso con la gravità del reato commesso od alla personalità dell'imputato) alla possibilità di accesso del minore.
Appare, in re ipsa, infatti, pacifico il marcato duplice scopo perseguito dall'art. 28, che è, al contempo, di recupero personale e di futura prevenzione sociale della misura, finalizzata a favorire ed a soddisfare - senza esclusioni di sorta, né oggettive, né soggettive - le esigenze di reinserimento del reo.
Dunque, ben differenti qualitativamente e quantitativamente risultano sia la progettualità globale, che la tipologia delle prestazioni - improntate al ravvedimento - dei due istituti, ma anche una prospettiva di fondo radicalmente diversa, posto che la messa alla prova di cui alla L. 67/2014 appare ispirata ad una precisa filosofia che si articola in due direzioni.

In primo luogo si orienta verso l'individuazione di strumenti di decongestionamento del processo penale nella sua fase decisoria di primo grado, in relazione a reati di non elevato allarme sociale.
In secondo luogo verso una riforma del sistema sanzionatorio, al fine di prevenire inutili accessi in carcere di persone condannate per reati di contenuto e modesto allarme sociale, nei confronti delle quali il debito penale può essere positivamente estinto con misure contenitive di carattere alternativo alla detenzione1.
L'art. 168 bis cpp al comma 1 prevede, quindi, tre categorie di situazioni procedimentali che possano permettere il ricorso all'opzione preventiva ed alternativa al processo.
In primo luogo, vengono richiamati i reati puniti con pena pecuniaria.
Indi quelli con pena non superiore a 4 anni (sola, congiunta o alternativa a quella detentiva).
Da ultimi quei reati tassativamente indicati nel disposto dell'art. 550/2° cpp in tema di citazione diretta a giudizio.
Con riferimento al limite di pena di quattro anni, assunto da legislatore, vanno svolte, poi, alcune considerazioni.
Da un lato, si osserva che il limite sanzionatorio, massimo ed astratto, appare comune a quello che, recentemente stabilito dall'art. 3 lett. c) del DL 146/13 conv. nella L. 10/2014, costituisce presupposto per l'ammissione all'affidamento in prova al servizio sociale - art. 47 comma 3 bis L. 75/354.

Le analogie, però, finiscono qui.
Appare, infatti, del tutto evidente che, a differenza dell'affidamento, che interviene nella fase dell'esecuzione della pena passata in giudicato, la messa alla prova costituisce istituto di diritto sostanziale, inserito radicalmente nel contesto del procedimento di cognizione penale, quale strumento per evitare - una tantum (concedibile, infatti, una volta sola comma 4° dell'art. 168 bis) - la celebrazione di un giudizio che possa portare ineluttabilmente alla condanna dell'imputato.
Tale caratteristica viene puntualmente confermata dal tenore dell'art. 464 bis cpp che, al comma 2° stabilisce termini perentori per la richiesta - scritta e corredata dal programma di trattamento UEPE (comma 4°), presentabile personalmente od a mezzo procuratore speciale (comma 3°) -.

Essi sono quelli delle conclusioni ex artt. 421 e 422 cpp nell'udienza preliminare, dell'apertura del dibattimento sia nel giudizio di primo grado, che in quello direttissimo, sia in quello a citazione diretta, dei 15 giorni in presenza di giudizio immediato e con l'atto di opposizione nel giudizio per decreto penale.
Essenza della messa alla prova introdotta dall'art. 168 bis cp è, quindi, il suo carattere di strumento di composizione preventiva e pre-giudiziale del conflitto penale, insorto con la formulazione dell'accusa verso l'imputato o con l'inizio dell'indagine da parte del PM. A carico del cittadino

Essa differisce, poi, sostanzialmente dall'istituto declinato dal comma 9 bis dell'art. 186 cds.
Quest'ultimo, - onde addivenire all'eventuale successiva e finale estinzione del reato - presuppone, infatti, il passaggio necessario attraverso l'inflizione all'imputato di una condanna, la quale viene convertita nella forma alternativa di espiazione, data dai lavori socialmente utili ("..la pena detentiva e pecuniaria può essere sostituita, anche con il decreto penale di condanna, se non vi è opposizione da parte dell'imputato, con quella del lavoro di pubblica utilità di cui all'articolo 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274…").
Dunque, per l'applicazione della previsione contenuta nel comma 9 bis dell'art. 186 CdS3, si impone ineludibilmente l'accertamento della responsabilità dell'imputato, tramite la celebrazione del giudizio in forma dibattimentale, oppure con lo svolgimento del rito abbreviato, o, comunque, la sua definizione con l'adozione dell'applicazione di pena ex art. 444 c.p.p. .

Al positivo esito del lavoro di pubblica utilità, si verifica, pertanto, l'effetto estintivo del reato.
Va rilevato, inoltre, che l'effettiva operatività specifica del ricordato co. 9 bis, notoriamente, produce un effetto indotto sulla sanzione amministrativa (sospensione della patente di guida), che viene, con sentenza emessa dal giudice procedente in un udienza ad hoc, ridotta della metà (il giudice fissa una nuova udienza e dichiara estinto il reato, dispone la riduzione alla metà della sanzione della sospensione della patente e revoca la confisca del veicolo sequestrato).

Considerazioni non dissimili - da quelle svolte per l'art. 186 comma 9 bis CdS - si possono formulare a seguito di un esame in parallelo con l'abrogato comma 5 bis dell'art. 73 dpr 309/90 che, introdotto dal DL 272/2005 - dichiarato incostituzionale con la sentenza n. 32 -.
Per vero, tale norma poggiava su una diversa definizione dei criteri di accesso alal misura alternativa.
Essa, infatti, si rivolgeva specificamente alla platea degli assuntori o dei tossicodipendenti, che fossero stati condannati sia per il reato di cui al comma dell'art. 73, che - a mente del comma 5 ter - per reati diversi da quelli di cui al comma 5, per i quali sia inflitta una pena non superiore ad un anno di detenzione.
Medesimo, quindi, era l'iter di accesso, che presupponeva la pronunzia di una sentenza di condanna a pena detentiva, posto che si è in presenza della previsione di un meccanismo di conversione della sanzione, che, in quanto tale (a totale differenza della messa in prova) interveniva - a fortiori - solo ex post.

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Fonte: www.aduc.it
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