Martedì 3 dicembre 2013

Finanziamento all'impresa: cosa propone il Governo

a cura di: www.lavoce.info
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Finanziamento all'impresa: cosa propone il Governo

La ripresa del finanziamento alle aziende è fondamentale per la ripresa del paese. Non solo attraverso le banche. Destinazione Italia propone alcune misure per indirizzare verso l'impiego produttivo parte del risparmio nazionale e per catturare l'interesse di investitori qualificati internazionali.

LE DINAMICHE ATTUALI E PROSPETTICHE DEL CREDITO BANCARIO

I primi e ancora incerti segnali di inversione del ciclo economico rischiano di non trovare adeguato accompagnamento se non supportati dalla ripresa del finanziamento all'impresa. I recenti autorevoli appelli del Presidente Napolitano e del governatore Visco hanno richiamato l'attenzione sulla centralità del tema in un'ottica di rilancio dell'economia italiana.
Per molti anni il credito bancario alle imprese è cresciuto in misura ben superiore alla dinamica dei fondamentali economici, fino a raggiungere un picco nel novembre 2011. Da quel momento, gli impieghi si sono ridotti di 85 miliardi di euro, 45 miliardi solo negli ultimi dodici mesi. Più ancora della successiva caduta, impressiona la crescita del credito negli anni pre-crisi.

Anni in cui, nonostante la temuta tagliola di Basilea 2, il credito ha assunto connotati da variabile indipendente: è divenuto sempre più una commodity da vendere indistintamente, senza badare troppo ai requisiti dei prenditori, come lasciato intendere dallo stesso direttore generale della Banca d'Italia, Salvatore Rossi, in una recente dichiarazione sulla dubbia meritocrazia nei criteri di erogazione del credito. Una dichiarazione che mette in dubbio l'efficienza nell'allocazione delle risorse da parte del sistema bancario in un quindicennio di bassa crescita economica.
Certamente l'adozione della nuova normativa di Basilea 2 e la progressiva entrata in vigore di Basilea 3 non hanno prodotto i risultati sperati. Non solo per il loro evidente effetto pro-ciclico sul credito. Ma anche perché l'adozione dei modelli interni di rating non sembra aver contribuito al miglioramento della qualità dei portafogli creditizi né, sfruttando proprio la credibilità - e spendibilità esterna - dei rating interni, ha spinto le banche verso modelli di business più orientati al mercato. Insomma, un'occasione mancata che ci lascia con una combinazione complessa di regole sempre più severe su capitale e liquidità, con portafogli creditizi estremamente deteriorati (il credito deteriorato supera il patrimonio netto tangibile delle banche) e con un imponente magazzino di rischio di difficile smaltimento. Questa miscela rende il nostro sistema bancario ingolfato e impacciato nell'erogazione di nuova finanza.
Il deleveraging degli attivi bancari potrebbe quindi continuare e assumere connotati non solo più ampi, ma soprattutto di natura permanente e strutturale.
La stretta creditizia attuale e prospettica si scontra con l'esigenza delle nostre imprese di tornare a investire nei fattori reali di competitività: ricerca, innovazione, digitalizzazione, proiezione internazionale. Secondo uno studio di Prometeia le sole imprese manifatturiere, per allinearsi nel prossimo biennio a quelle tedesche, avrebbero bisogno di investire almeno 150 miliardi, a fronte di un flusso di nuovo credito bancario che non supererà i 60 miliardi. Il funding gap tra raccolta e impieghi è dunque destinato ad ampliarsi, facendosi particolarmente stringente e severo proprio sulle esigenze finanziarie a medio-lungo termine.

COME MODERNIZZARE E RAFFORZARE LA FINANZA D'IMPRESA

Occorre dunque trovare una exit strategy in grado di superare il modello banco-centrico, non più in grado di far fronte in solitudine alle esigenze di finanziamento per il rilancio dell'economia reale. Occorre agire su un duplice fronte.
Da una parte, rafforzando i livelli di patrimonializzazione delle nostre imprese, e in questa direzione va accolto con favore il potenziamento dell'Ace previsto dalla Legge di stabilità, un incentivo alla capitalizzazione che per essere più efficace dovrebbe essere reso mirato e selettivo (immaginando ad esempio benefici fiscali maggiori sul rendimento nozionale per le imprese che si quotano).
Dall'altra parte, è imprescindibile aprire tutti i canali di finanziamento alternativi o complementari al credito bancario, completando la liberalizzazione delle emissioni obbligazionarie da parte delle società non quotate e favorendo ancor più l'accesso delle piccole e soprattutto medie imprese al mercato dei capitali.
Le misure di liberalizzazione entrate in vigore alla fine del 2012 hanno già consentito di raddoppiare il numero di aziende italiane che si affacciano sul mercato internazionale dei capitali, rendendo possibili emissioni obbligazionarie per un ammontare complessivo di circa 5 miliardi di euro e con un taglio medio superiore ai 200 milioni. Le operazioni in corso di strutturazione e prossime al perfezionamento indicano che c'è un potenziale da sfruttare per destinare alle eccellenze del quarto capitalismo l'ingente liquidità dei portafogli degli investitori nazionali e internazionali.
Esiste oggi un bacino di imprese molto significativo per numero e solidità (circa 35mila imprese, secondo recenti stime prodotte da Cerved) con tutte le carte in regola per accedere al mercato dei capitali.
Misure di ulteriore liberalizzazione delle emissioni obbligazionarie potrebbero contribuire a indirizzare stabilmente verso il meglio del nostro tessuto imprenditoriale parte del risparmio a lungo termine che si sta accumulando sui pilastri previdenziali, sulle riserve delle compagnie di assicurazione e nei portafogli di altri investitori istituzionali, risorse che finora vengono quasi esclusivamente allocate su asset "sovereign" o sul corporate estero e che molto raramente prendono come destinazione l'impresa italiana. Parliamo di un potenziale pari a circa 1.300 miliardi di euro.
Nel piano Destinazione Italia (misura 18) si propongono azioni mirate a rendere più efficace il sostegno alle forme di finanziamento a medio e lungo termine alternative e complementari a quelle concesse dal sistema bancario in chiave di attrazione di capitale finanziario sul corporate Italia. In particolare, il piano intende agire su tre fronti:

1) Facilitando l'accensione di garanzie sul credito a medio lungo termine alle Pmi, anche in forma obbligazionaria, mediante un intervento sulla fiscalità indiretta applicata alle garanzie accessorie. Si propone, in particolare, di rendere opzionale l'applicazione dell'imposta sostitutiva e di estendere l'ambito di applicazione anche alle obbligazioni. In altri termini, sarà meno costoso accendere una garanzia nella forma del pegno (su azioni, su quote, su crediti, su proprietà intellettuale o sull'inventario). Inoltre, si intende creare un ulteriore pareggiamento competitivo fra gli strumenti di finanziamento, estendendo agli obbligazionisti la possibilità, oggi prevista solo per le banche, di ottenere privilegi speciali sui beni mobili dell'azienda. Queste misure dovrebbero assecondare l'emissione di obbligazioni in forma secured consentendo alla Pmi di ottenere migliori condizioni.

2) Favorendo la costituzione di fondi di credito specializzati o di società di cartolarizzazione per sostenere l'aggregazione e la selezione professionale di portafogli di obbligazioni di Pmi (i cosiddetti minibond) su cui sollecitare il mercato dei capitali. In particolare, si intende disapplicare la ritenuta del 20 per cento sugli interessi e gli altri proventi (oggi prevista sulle obbligazioni che non vengono quotate) corrisposti a fondi partecipati da investitori qualificati che investono prevalentemente in obbligazioni, riducendo così i costi di emissione. Per le medesime finalità, si propone anche di semplificare il ricorso alle cartolarizzazioni e di estenderne l'applicabilità anche alle obbligazioni e ai titoli similari.

3)Incrementando la quota di investimenti di soggetti istituzionali nel corporate Italia, attualmente assai limitata. A tale scopo, si propone di considerare gli investimenti in obbligazioni, in titoli di cartolarizzazione o in quote di fondi che investono prevalentemente in obbligazioni e titoli similari - anche quando non quotati e privi di rating - come compatibili con le disposizioni dell'Ivass in materia di copertura delle riserve tecniche delle compagnie di assicurazione e in materia di limiti di investimento dei fondi pensione.

In sintesi, queste misure intendono ampliare la platea di emittenti, ridurre i costi di emissione per le Pmi e sviluppare un settore finanziario specializzato, moderno e indipendente. Si creeranno così le condizioni per indirizzare parte del risparmio nazionale di lungo periodo verso l'impiego produttivo nel meglio del capitalismo italiano e per catturare l'interesse degli investitori qualificati internazionali.

di Marco Calabrò e Stefano Firpo

Fonte: http://www.lavoce.info

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