Altra annotazione, questa volta sul linguaggio: sempre nella delega si raccomandava di apportare le modifiche necessarie, non solo per "garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica", ma anche per "aggiornare e semplificare il linguaggio normativo", indicazione quest'ultima pedantemente ignorata, quindi operazione completamente fallita. Non ne parlerei se questa circostanza non avesse gravi conseguenze anche sul linguaggio della mia esposizione. Non so se sarò perdonato, però mi scuso in anticipo.
Detto questo, entriamo nello specifico. Come da più parti osservato e come ammesso negli stessi atti ufficiali, ad esempio nella relazione illustrativa allo schema di decreto legislativo, uno degli intenti della delega era anche quello di dare disposizioni di legge in un quadro caratterizzato dall'esigenza di prevenire, contrastare o limitare gli abusi che si sono verificati e continuano a verificarsi in materia di congedi, aspettative e permessi, con punte più evidenti nel settore pubblico. Così infatti è avvenuto e tale preoccupazione è stata alla base non solo dell'elaborazione dello schema di decreto legislativo in questione, ma anche delle argomentazioni con cui all'interno delle commissioni parlamentari si sono espresse le varie forze politiche, con una situazione da contrastare, quella dei possibili abusi, accettata da tutti con diverse sfumature, ma quasi di comune accordo. Si è già detto che la presente elaborazione legislativa non avvia un completo riordinamento dell'intera normativa in materia e riguarda per ora solo un parziale intervento di carattere prevalentemente settoriale, ma di questo avverte correttamente la relazione illustrativa ed è lo stesso articolo 1 dello schema di decreto che fissa i paletti dell'attuale intervento, limitandolo al riordinamento delle varie, ma limitate tipologie, alla ridefinizione dei presupposti oggettivi ed alla precisazione di requisiti soggettivi, criteri e modalità per la fruizione delle agevolazioni previste, a fronte invece di una previsione più ampia dell'art. 23.
Procediamo perciò con una sintetica descrizione dei singoli articoli del provvedi-mento, con evidenziazione, quando è possibile, delle tematiche collegate e delle possibili implicazioni critiche. Possiamo parlare brevemente dell'art. 1, che ha solo funzione introduttiva e definisce l'ambito applicativo e le finalità del provvedimento, però non si può non accennare, sia pure di sfuggita, ad una certa sproporzione con quanto qui affermato e cioè che da una parte con il presente decreto s'intende procedere non solo a recare modifiche in tema di congedi, aspettative e permessi, ma a riordinare, sia pure come fine, le tipologie dei permessi stessi ed a ridefinirne e precisarne presupposti e requisiti, criteri e modalità per la fruizione; dall'altra invece i contenuti del decreto rimangono limitati e fanno pensare a successivi interventi, che però ormai, essendo scaduta questa delega, dovranno essere adottati con nuove iniziative legislative, o deleganti o autonome.
Più puntuale invece l'art. 2, con il quale si entra nel vivo della materia mediante l'aggiunta di un comma all'art. 16 del d.lgs. 151/2001 che disciplina il congedo di maternità: si prevede infatti il caso, prima non considerato, che si verifichi un'interruzione spontanea o terapeutica della gravidanza dopo il 180° giorno oppure il caso di decesso del bambino alla nascita o nel periodo coperto dal congedo di maternità. In tali evenienze si concede facoltà alla lavoratrice di poter riprendere il lavoro in qualunque momento, dando un preavviso di dieci giorni al datore di lavoro, il quale non potrà opporsi, a condizione che ciò avvenga con la previa autorizzazione sanitaria. E' sul punto dell'autorizzazione sanitaria comunque che si registrano alcune perplessità, dal momento che l'art. 2 prevede che questa debba essere rilasciata dal medico specialista del SSN oppure convenzionato e contemporaneamente dal medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nel luogo di lavoro, ma non si contempla il caso che le due opinioni divarichino e chi debba avere la prevalenza, anche se appare logico pensare che debba essere di quest'ultimo. E' comunque utile sottolineare la positività della norma che rende evidente come il rientro in azienda sia per la donna una facoltà collegata ad un diritto, ma non un obbligo.
Con l'art. 3 si passa invece a quella che è stata definita, anche nella stessa relazione illustrativa del provvedimento, oltre che di superamento di alcune incertezze interpretative, anche un'opera di prevenzione e di limitazione di eventuali abusi nella fruizione dei permessi. Di tale esigenza, sia pur in diversa misura, erano state consapevoli tutte le forze politiche, come si può rilevare anche dai verbali delle sedute di commissione per la discussione in sede consultiva. L'articolo in questione ha ad oggetto il prolungamento del congedo parentale per la lavoratrice madre o, in alternativa, per il lavoratore padre per ogni minore con handicap in situazione accertata a norma di legge, per un periodo di tempo massimo, anche se frazionato, non superiore a tre anni. La novità rispetto alla statuizione precedente è che viene precisato che la misura massima di tre anni è comprensiva anche del congedo parentale ordinariamente previsto e che, come per il congedo parentale, tale diritto può esser fatto valere fino al compimento da parte del bambino degli otto anni di età. La norma precedente prevedeva anche che il diritto alla fruizione di tale congedo non potesse esser fatto valere in caso di ricovero del bambino a tempo pieno presso istituti specializzati. Con la novella la limitazione viene riconfermata in linea generale, però si fanno salvi i casi in cui la presenza del genitore sia richiesta dai sanitari.
Decisamente di lettura più complessa sono le modifiche apportate dall'art. 4 all'art. 42 del d.lgs. 151/2001, che riguardano tanto i casi di assistenza a bambini con handicap in situazione di gravità che quelli in cui il portatore di grave handicap sia un altro soggetto. Sull'argomento ci sono state anche alcune sentenze della Corte costituzionale di cui il legislatore delegato ha dovuto tener conto. Ma andiamo con ordine. Nel caso in cui il portatore di handicap in situazione di gravità sia un bambino occorre fare riferimento all'eventualità che sia di età inferiore a tre anni: in questa eventualità restano confermati il diritto e la possibilità, da parte di uno dei genitori, di optare per l'utilizzo di due ore di riposo giornaliero retribuito, anziché usufruire del prolungamento del periodo di congedo parentale. Oppure entrambi i genitori potranno valersi, però in modo alterno, dei permessi già delineati nel terzo comma dell'art. 33 della Legge 104/92, vale a dire di tre giorni retribuiti al mese, utilizzabili anche in maniera continuativa e coperti da contribuzione figurativa. Resta infine da segnalare che nulla è mutato circa la cumulabilità dei riposi e dei permessi in questione con il congedo parentale ordinario e con quelli per la malattia del figlio che rimangono applicabili.
E' stato poi completamente riscritto il successivo quinto comma, sempre dell'art. 42 d.lgs. 151/2001, che però viene frazionato in cinque parti:
Sempre in materia di assistenza a persone handicappate e nel quadro già annunciato di prevenire, contrastare o limitare gli abusi, con l'art. 64 si apportano modifiche all'art. 33 della legge 104/92, modifiche che comportano l'eventualità di utilizzare i dipendenti in permesso per un'assistenza di tipo plurimo. Già la legge prevedeva che il diritto all'assistenza non potesse essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente a favore dello stesso soggetto con handicap in situazione di gravità: ora si aggiunge che la stessa persona invece può prestare in particolari condizioni assistenza a più persone in situazione di handicap grave. Le particolari condizioni consistono nell'eventualità che la persona da assistere abbia genitori o coniuge che hanno già compiuto i 65 anni oppure che siano esse stesse affette da patologie invalidanti oppure siano decedute o mancanti. Inoltre si intende agire in maniera più incisiva sui controlli per prevenire o contrastare abusi, introducendo l'obbligo, per il lavoratore che usufruisce di tali permessi, se residente in un comune a distanza stradale superiore a 150 chilometri dagli assistiti, di rendicontare o dimostrare con titoli di viaggio o altra documentazione probante l'effettivo raggiungimento della sede dell'assistito.
Per concludere il panorama relativo alle modifiche nel settore dei congedi e dei riposi, occorre far cenno anche alla nuova individuazione dei limiti relativi ad alcune disposizioni in materia di collegamento tra trattamenti in caso di nascita o in caso di adozione e affidamento. La legge prevedeva infatti che la materia di riposi giornalieri della madre e del padre così come quella per i parti plurimi si trasferisse automaticamente in caso di adozione o affidamento. La novella attuale invece innova, precisando che il limite non è per questi casi il raggiungimento del primo anno di vita del bambino, bensì il primo anno dell'ingresso del minore nella famiglia. Sempre con analoga motivazione, la preesistente agevolazione secondo cui a favore dei lavoratori dipendenti dalle amministrazioni pubbliche si poteva precedere all'assegnazione presso sedi ubicate nella stessa provincia o regione ove presta servizio l'altro genitore, agevolazione valevole, anche in caso di adozione o di affidamento, fino a tre anni di vita del bambino, viene modificata riconoscendo i primi tre anni dall'ingresso del minore nella famiglia, indipendentemente dalla sua età.
Infine l'art. 7 si muove sulla traccia del contenimento degli abusi o della spesa, essendo destinato in particolare a lavoratori mutilati ed invalidi civili a cui sia stata riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa superiore al 50%. Ad essi è data la possibilità di fruire, anche in maniera frazionata, di un periodo di congedo non superiore a trenta giorni l'anno. Tale congedo deve essere accordato dal datore di lavoro su domanda dell'interessato supportata da richiesta del medico convenzionato SSN o appartenente ad una struttura sanitaria pubblica. La disposizione di legge stabilisce, innovando, che il regime economico da adottare per remunerare tale periodo di congedo, che comunque non rientra nel periodo di comporto, deve essere calcolato come per le assenze da malattia, fermo restando che il lavoratore è tenuto a documentare in modo adeguato l'effettivo svolgimento delle cure. Sarebbe peraltro utile un chiarimento se e come, dovendosi parlare di adeguamento alle assenze per malattia, debba essere applicato l'istituto della carenza, a maggior ragione in ipotesi di una fruizione in maniera frazionata.
Pubblicato sul n. 25/2011 di Consulenza ed. Buffetti.
Note:
1. E' stato in proposito osservato che l'art. 46 della stessa legge 184/2010 prevede una delega in materia di occupazione femminile - e questa con scadenza 24 mesi - che interessa anche la revisione della normativa vigente in materia di congedi parentali, il che s'intreccerebbe con aspetti della presente delega ed avrebbe reso problematico un intervento più organico. E' un'ottima constatazione, ma non depone a favore della coerenza con cui vengono approvate determinate leggi.
2. La norma è stata completamente riscritta per effetto di successivi pronunciamenti della Corte costituzionale, con i quali sono stati ritenuti fondati alcuni rilievi in ordine alle persone che avevano il diritto di assistere le persone con handicap in situazione di gravità, nella parte in cui non erano previsti altri soggetti legittimati se non i fratelli o sorelle conviventi con la persona in situazione di disabilità grave. Con ciò si dovrà determinare anche un'inversione della prassi, considerato anche che l'INPS, con la sua circolare n. 41 del 16 marzo 2009, formulava una scala che vedeva nell'ordine coniuge, genitori, fratelli e sorelle, mentre d'ora in poi i figli verranno subito dopo coniuge e genitori.
3. Curiosamente l'Inps, nel suo recentissimo messaggio n. 13013 del 17 giugno, risponde a questioni inerenti la possibilità di assoggettamento a TFR, nel quadro degli effetti sul Fondo di tesoreria, esprimendosi negativamen-te circa l'assoggettamento a questo istituto, salvo diver-sa previsione nella contrattazione collettiva o nella pat-tuizione individuale, senza far riferimento alla novella. Del resto il 17 giugno il decreto legislativo non è ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale.
4. Dell'art. 5, in cui si trattano problemi di coordinamento con la Legge Gelmini in materia di rapporti tra pubblico impiego e congedo straordinario per la partecipazione a corsi di dottorato di ricerca, sarà trattato separatamente in altra parte della rivista.
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